IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2963 del 2011, proposto  dal  Consorzio  di  tutela
della IGP Pomodoro di Pachino, in persona del  legale  rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Gambuzza,  con
domicilio eletto presso lo  studio  dell'avv.  Francesco  Petino,  in
Catania, via Brancati, 12; 
    Contro il Dipartimento  ambiente  dell'Assessorato  territorio  e
ambiente della  Regione  Siciliana,  e  l'Azienda  regionale  foreste
demaniali,  in  persona  dei  rispettivi legali  rappresentanti   pro
tempore, rappresentati e difesi  dell'Avvocatura  distrettuale  dello
Stato di Catania, presso la quale ope legis domiciliano  in  Catania,
via Vecchia Ognina, 149, e con l'intervento di 
    Legambiente - Comitato regionale  siciliano  ONLUS,  Associazione
mediterranea per la natura, LIPU - Lega italiana protezione uccelli, 
Club alpino italiano - regione Sicilia,  in  persona  dei  rispettivi
legali rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi  dagli
avvocati Corrado V. Giuliano, Nicola Giudice e  Marco  Casciana,  con
domicilio eletto presso il loro studio, in Catania, via Pasubio, 33; 
    Per l'annullamento: 
        del decreto del Dirigente Generale del dipartimento regionale
dell'Ambiente n. 577 del 27  luglio  2011,  con  il  quale  e'  stata
istituita la riserva naturale  orientata  denominata  "Pantani  della
Sicilia sud orientale", pubblicato in data 16  settembre  2011  sulla
GURS n. 39; 
        di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale  e,
in particolare, del regolamento della riserva, allegato 2 al  decreto
577/2011, recante le  modalita'  d'uso  e  i  divieti  vigenti  nella
riserva naturale orientata e  il  DA  970  del  10  giugno  1991,  di
approvazione del Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  del   Dipartimento
ambiente  dell'Assessorato  territorio  e  ambiente   della   Regione
Siciliana e dell'Azienda regionale foreste demaniali; 
    Visto l'intervento di Legambiente - Comitato regionale  siciliano
ONLUS, dell'Associazione mediterranea per la  natura,  della  LIPU  -
Lega italiana protezione uccelli, del Club alpino italiano -  Regione
Sicilia; 
    Vista la sentenza 27  febbraio  2013,  n.  558,  con  cui  questa
Sezione II interna, parzialmente  decidendo,  ha  rigettato  tutti  i
motivi di ricorso ad eccezione di uno di essi; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  dicembre  2012  il
dott. Diego  Spampinato  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Con ricorso notificato  il  30  settembre  2011  al  Dipartimento
ambiente  dell'Assessorato  territorio  e  ambiente   della   Regione
Siciliana e depositato  il  20  ottobre  2011  e  con  altro  ricorso
sostanzialmente identico  (salvo  che  per  la  parte  relativa  alla
notifica  quale  controinteressato  alla  Azienda  regionale  foreste
demaniali), notificato il 20 ottobre 2011 e depositato il  giorno  11
novembre 2011, parte ricorrente ha esposto: 
        che con Reg. CE 617 del 4 aprile 2003 e' stata, riconosciuta,
la denominazione protetta IGP per le produzioni di pomodoro ricadenti
nell'area dei comuni di Pachino, Noto, Ispica  e  Portopalo  di  Capo
Passero; 
        che  sulle  stesse  aree  esplicherebbe  i  suoi  effetti  il
provvedimento impugnato,  con  cui  e'  stata  istituita  la  riserva
naturale orientata, denominata "Pantani della Sicilia sud orientale; 
        che, a seguito del riconoscimento  comunitario,  e'  nato  il
Consorzio di tutela della IGP Pomodoro di Pachino, che,  con  decreto
MIPAF del 27 luglio 2006, ha ottenuto l'attribuzione  delle  funzioni
di tutela, valorizzazione e promozione del pomodoro; 
        che, su tale area oggi insistono coltivazioni di pomodoro  ed
impianti  di  trasformazione  consistenti   in   impianti   serricoli
all'avanguardia (serre in ferro  e  serre  fotovoltaiche),  e  grandi
impianti  di  condizionamento  che  consentono  di  confezionare   il
prodotto  e  immetterlo  direttamente   sui   banchi   della   grande
distribuzione; 
        che la coltivazione del  pomodoro  in  serra  costituisce  la
fonte di lavoro e di reddito per circa 5 mila addetti  ed  il  volume
complessivo di affari del comparto puo' essere stimato in circa 300 -
400 milioni di euro annui; 
        che l'interesse del  Consorzio  ricorrente  ad  impugnare  il
decreto  istitutivo  della  riserva  ed   il   regolamento   allegato
deriverebbe dalle previsioni del citato regolamento: a)  del  divieto
di impiantare nuove  serre  e  della  generale  incompatibilita'  del
sistema delle coltivazioni in serra con la riserva (art. 3, comma  1,
lett. b); b)  della  incentivazione  al  mantenimento  delle  colture
tradizionali, all'utilizzo di tecniche biologiche e alla  conversione
in tecniche biologiche delle tecniche agricole e colturali  praticate
(art. 5); cio' in conseguenza  della  circostanza  che,  con  cadenza
periodica (5 - 6 anni), le  serre  vengono  dismesse  ed  il  terreno
lasciato incolto per consentire un periodo di riposo 
    Ha quindi affidato il ricorso a diversi motivi. 
    Per quanto di interesse in questa sede, con il quarto di essi  ha
dedotto: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 5, 6 e  28
della  LR  98/1981  in  relazione   all'art.   22   legge   394/1991;
illegittimita' costituzionale delle  predette  norme  per  violazione
dell'art. 117 della Carta Costituzionale; il Comune  di  Pachino  non
sarebbe  stato  in  nessun  modo  coinvolto  nel   procedimento   per
l'istituzione della riserva, cio' che determinerebbe la non manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  e  la
necessita' di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. 
    In particolare, ha dedotto violazione dell'art. 22 della legge  6
dicembre 1991, n. 394, che, ai commi 1 e 2, prevede,  per  quanto  di
interesse ai fini della presente trattazione, che  «1.  Costituiscono
principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali  protette
regionali: a) la partecipazione (...) dei comuni al  procedimento  di
istituzione dell'area protetta (...)Tale partecipazione  si  realizza
(...) attraverso conferenze  per  la  redazione  di un  documento  di
indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare  a
protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli
obiettivi   da   perseguire,   alla   valutazione    degli    effetti
dell'istituzione dell'area protetta sul territorio; b) la pubblicita'
degli  atti  relativi  all'istituzione  dell'area  protetta  e   alla
definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25;  (...)  2.
Fatte salve  le  rispettive  competenze  per  le  regioni  a  statuto
speciale  e  per  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
costituiscono principi fondamentali di riforma  economico-sociale  la
partecipazione degli enti locali alla  istituzione  e  alla  gestione
delle  aree  protette  e   la   pubblicita'   degli   atti   relativi
all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del  piano  per
il parco». 
    Questa Sezione II interna, con sentenza 27 febbraio 2013, n. 558,
parzialmente decidendo,  ha  rigettato  tutti  gli  altri  motivi  di
ricorso,  ed  ha  dato  atto  della  decisione  di   sollevare,   con
riferimento al motivo di cui  si  tratta  nella  presente  ordinanza,
questione di legittimita' costituzionale della normativa regionale. 
    Infatti, il Collegio ritiene, nel solco della  giurisprudenza  di
questa Sezione II interna (sentenze 7 dicembre 2012, nn. 2882 e 2888;
analogamente, Cons. Stato, sez. V,  31  maggio  2012,  n.  3254;  TAR
Sicilia - Catania,  Sez.  III,  10  febbraio  2012,  n.  369)  che  i
ricorrenti privati possano articolare le proprie doglianze anche  con
riferimento alla mancata partecipazione procedimentale del Comune ove
essi risiedono, in ragione della funzione  che  tale  Amministrazione
assolve  nella  qualita'  di  ente   esponenziale   della   comunita'
territoriale. 
    Ritiene inoltre il Collegio che le forme partecipative dei Comuni
al procedimento per l'istituzione delle riserve  naturali  regionali,
previste dalla  normativa  della  Regione  Siciliana,  integrino  una
violazione dell'art. 22 della legge 6 dicembre  1991,  n.  394,  che,
nella materia di cui  si  tratta,  costituisce  parametro  interposto
(Corte costituzionale, sentenza 14 luglio 2000, n. 282),  ma  che  il
ricorso  non  possa.  essere  deciso  senza  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lett.  e),  6,
comma 1, e 28, commi 1 e 2, della LR Siciliana 6 maggio 1981, n. 98. 
    Dispone infatti la LR 6 maggio 1981, n.  98,  in  tema  di  forme
partecipative  dei  Comuni  alla  istituzione  di  parchi  e  riserve
naturali, per quanto di interesse ai fini della presente ordinanza: 
        - all'art.  3,  comma  1,  lett.  e):  «E'  istituito  presso
l'Assessorato regionale  del  territorio  e  dell'ambiente  Consiglio
regionale per la  protezione  del  patrimonio  naturale,  in  seguito
indicato   con   l'espressione   Consiglio   regionale,    presieduto
dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente o, in caso di
sua  assenza  o  impedimento,  dal  direttore  per  il  territorio  e
l'ambiente, e composto: (...) e) da tre esperti designati  dalle  tre
principali associazioni dei comuni...»; 
        - all'art. 4, comma 1: «Sono compili del consiglio  regionale
[per la protezione del patrimonio naturale]: a) predisporre il  piano
regionale dei parchi e delle riserve naturali,  in  armonia  con  gli
obiettivi e gli indirizzi del piano  urbanistico  regionale,  di  cui
esso costituisce specificazione, e in correlazione con gli  indirizzi
generali del piano nazionale di coordinamento per la  protezione  del
patrimonio naturale...»; 
        - all'art. 6, commi 1, 2 e 3: «[1] In  attuazione  del  piano
regionale di cui all'articolo 5 si provvedera' alla  istituzione  dei
parchi e delle riserve con decreto dell'Assessore  regionale  per  il
territorio e l'ambiente, previo parere del Consiglio regionale. [2] I
decreti di istituzione delle  riserve  sono  emanati  entro  un  anno
dall'emanazione del decreto approvativo del piano  regionale  di  cui
all'articolo 5. [3] I decreti di cui al comma precedente  conterranno
la delimitazione definitiva delle singole  riserve,  l'individuazione
dell'affidatario e la statuizione degli  obblighi  dello  stesso,  in
rapporto alle indicazioni tecniche fissate  dal  Consiglio  regionale
per la realizzazione dei fini istituzionali delle  riserve  medesime.
Detti decreti recheranno  in  allegato  il  regolamento  con  cui  si
stabiliscono le modalita' d'uso e i divieti da osservarsi...»; 
        - all'art., 28, commi 1 e  2,  con  riferimento  all'art.  4,
comma 1, lett. a): «[1] Le proposte di cui  all'articolo  4,  lettera
a), quelle relative agli articoli 26 e 27 e il programma  pluriennale
economico-sociale di cui  all'articolo  19  debbono  essere  resi  di
pubblica ragione mediante pubblicazione degli atti  presso  i  comuni
interessati. [2] Entro trenta giorni  dalla  pubblicazione,  privati,
enti, organizzazioni sindacali, cooperativistiche,  sociali  potranno
presentate osservazioni su cui motivatamente dovra' dedurre l'ente  o
l'ufficio proponente e  che  dovranno  formare  oggetto  di  motivata
deliberazione da  parte  dell'ente  preposto  all'approvazione  degli
strumenti suddetti contestualmente alla stessa approvazione». 
    La LR 98/1981 prevede dunque, quali forme di  partecipazione  dei
Comuni  al  procedimento  di  istituzione  delle   riserve   naturali
regionali, la possibilita' di formulare  osservazioni  nei  confronti
della proposta di piano regionale dei parchi e delle riserve naturali
(art. 28, comma 1, con riferimento all'art. 4,  comma  1,  lett.  a),
nonche' la designazione di tre esperti (art. 3, comma 1, lett. e), da
parte delle tre  principali  associazioni  dei  comuni,  da  nominare
nell'ambito del Consiglio regionale per la protezione del  patrimonio
naturale, uno  dei  compiti  di  tale  Consiglio  essendo  quello  di
predisporre il piano regionale dei parchi e  delle  riserve  naturali
(art. 4, comma 1, lett. a). 
    Tali forme  partecipative  sarebbero  quindi  anzitutto  previste
esclusivamente con riferimento al piano regionale dei parchi e  delle
riserve naturali, non essendo previste forme partecipative dei Comuni
in relazione al procedimento istitutivo delle singole aree;  inoltre,
esse sarebbero  diverse  e  meno  garantistiche  di  quelle  previste
dall'art. 22 della legge 6  dicembre  1991,  n.  394,  essendo  nella
sostanza ricondotte alla possibilita'  di  formulare  osservazioni  e
proposte, peraltro nei confronti non  dei  decreti  istitutivi  delle
singole aree, ma solo della proposta del piano regionale dei parchi e
delle riserve naturali. 
    Il Collegio ritiene che le modalita' partecipative previste dalla
normativa regionale (sulla cui osservanza nel corso del  procedimento
non vi e' discussione fra le parti) risultino non idonee a soddisfare
la previsione dell'art. 22 della legge  394/1991,  ma  che  cio'  non
possa portare a ritenere che la  disciplina  procedimentale  prevista
dalle norme regionali  di  cui  si  tratta  risulti  conseguentemente
integrata con le forme partecipative previste  dal  citato  art.  22,
cio' che avrebbe  potuto  condurre  all'accoglimento  del  motivo  di
ricorso. 
    In proposito, va anzitutto ricordato come la Corte costituzionale
abbia piu' volte (sentenze 14 luglio 2000, n. 282, e 26 gennaio 2012,
n.  14)  dichiarato  l'illegittimita'  di  leggi  regionali  che  non
prevedevano la partecipazione degli enti locali  alla  istituzione  o
alla modifica delle aree protette nelle forme di cui al  citato  art.
22, espressamente qualificandolo  come  «...parametro  interposto...»
(sentenza 14 luglio 2000, n. 282). 
    In  particolare,  ha  avuto  modo   di   statuire   come   «...La
partecipazione al procedimento di  istituzione  delle  aree  protette
regionali dei singoli enti locali il cui territorio sia  destinato  a
far parte dell'istituenda area protetta, richiesta dall'art. 22 della
legge quadro, non puo' ritenersi garantita dalla previsione, ad opera
della legge regionale impugnata, di un comitato consultivo  regionale
per le aree naturali protette (art. 3) che, come osserva il giudice a
quo, non prevede la partecipazione di rappresentanti dei singoli enti
locali interessati  in  concreto,  ne'  e'  composto  stabilmente  da
rappresentanti dei comuni. La  richiesta  partecipazione  dei  comuni
interessati neppure puo'  ritenersi  legittimamente  surrogata  dalla
possibilita' di formulare osservazioni e proposte nei  confronti  dei
decreti  istitutivi  del  parco,  loro  concessa  dalla  lettera   b)
dell'impugnato art. 6...» (sentenza 14 luglio 2000, n. 282). 
    La normativa regionale richiamata definisce  infatti  in  maniera
esaustiva le modalita' partecipative del procedimento di  istituzione
delle riserve naturali regionali;  nei  due  casi  in  cui  la  Corte
costituzionale ha rilevato difformita' delle leggi regionali  con  il
citato  art.  22,  ha  proceduto  a  dichiararle   costituzionalmente
illegittime; se avesse ritenuto che il significato della norma avesse
potuto essere integrato con i dettami dell'art.  22,  avrebbe  invece
emanato una sentenza interpretativa di rigetto;  cio'  in  forza  del
principio, affermato nella sentenza 22 ottobre 1996, n.  356,  e  poi
piu' volte ribadito,  secondo  cui  «... una  disposizione  non  puo'
essere ritenuta costituzionalmente illegittima  perche'  puo'  essere
interpretata in un senso che  la  ponga  in  contrasto con  parametri
costituzionali, ma soltanto se ne e' impossibile una  interpretazione
conforme alla Costituzione (si vedano, da ultimo, la sentenza n.  379
del 2007 e le ordinanze n. 448 e n. 464 del 2007)...»  (Corte  cost.,
sentenza 16 maggio 2008, n. 147). 
    Se ne deve quindi concludere che le  norme  che  prevedano  forme
partecipative diverse e  meno  garantistiche  da  quelle  individuate
dall'art.  22  citato   non   possano   essere   integrate   in   via
interpretativa o giurisprudenziale, ma debbano essere  sottoposte  al
vaglio di legittimita' costituzionale della Corte. 
    E' il caso di rilevare come proprio la circostanza che la  Corte,
nelle  citate  sentenze  282/2000   e   14/2012,   abbia   dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale    anziche'    adottare    pronunce
interpretative di rigetto induce  a  ritenere  non  applicabile  alla
presente  fattispecie  la  soluzione  adottata  da   una   pronuncia,
precedente alle citate sentenze 282/2000 e 14/2012, di questo  stesso
Tribunale Amministrativo Regionale (TAR Sicilia - Palermo, sez. I, 26
marzo 1998, n. 492), che aveva invece ritenuto  che  il  procedimento
per l'istituzione delle  riserve  potesse  essere  integrato  con  le
disposizioni di cui agli artt. 8 e 9 della LR 10/1991, relativi  alla
comunicazione  di  avvio  del   procedimento,   nei   confronti   del
proprietario del  bene  costituito  in  riserva  ed  in  ragione  del
peculiare effetto "vincolistico" conseguente. 
    L'accoglimento della censura di  parte  ricorrente  non  potrebbe
quindi  che  passare  attraverso  una  pronuncia  di   illegittimita'
costituzionale della LR 98/1981  nella  parte  in  cui  si  ponga  in
contrasto con il citato art. 22. 
    A tal fine, pur avendo la Corte costituzionale affermato  che  le
norme fondamentali di riforma economico-sociale «... in base all'art.
14 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, costituiscono  mi
limite anche  all'esercizio  delle  competenze  legislative  di  tipo
esclusivo...» (sentenza 8 maggio 1995, n. 153;  analogamente,  CGARS,
sez. consultiva, 10 dicembre  1996,  n.  588),  occorre  pero'  darsi
carico della  questione  circa  l'applicabilita'  dell'art.  22  alla
legislazione della Regione Siciliana, in considerazione del  disposto
del comma 2 di tale articolo, secondo  cui  devono  essere  «...Fatte
salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale...». 
    Anzitutto, giova evidenziare come la stessa Corte costituzionale,
trattando della citata LR Siciliana 98/1981,  ha  recentemente  avuto
modo di precisare come «...si  tratta  all'evidenza  della  normativa
emanata - peraltro cosi' come successivamente fatto, in  applicazione
della legge-quadro n. 394 del 1991, da diverse  altre  Regioni  -  al
fine di regolare la istituzione  dei  parchi  naturali  di  rilevanza
regionale...» (sentenza 23 gennaio 2009, n. 12). 
    Nella stessa  sentenza,  riaffermando  quanto  gia'  statuito  in
precedenza (sentenza 14 novembre 2007, n. 380),  la  Corte  ha  anche
precisato  come  «...  nello  statuto  speciale  non  si   rinvengono
disposizioni  che  prevedono,  in  materia,   considerata   nel   suo
complesso, di ambiente  ed  ecosistema,  una  disciplina  derogatoria
rispetto a quella stabilita, in  via  generale,  dal  secondo  comma,
lettera s), dell'art. 117 Cost...». 
    Pertanto, l'inciso  riferito  alle  competenze  delle  regioni  a
statuto speciale deve essere letto nel senso evidenziato dalla citata
sentenza 380/2007, secondo cui la competenza legislativa  in  materia
di  "tutela  dell'ambiente",  in  ragione   di   una   configurazione
dell'ambiente  come   una   sorta   di   materia   trasversale,   pur
presentandosi «sovente connessa e intrecciata  inestricabilmente  con
altri interessi e competenze regionali concorrenti» (sent. n. 32  del
2006),  rientra  nella  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  base
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  anche  se  cio'  non
esclude il concorso di normative regionali, volte al conseguimento di
finalita' di tutela ambientale (sentenza n. 247 del  2006);  su  tali
presupposti, la Corte ha quindi ritenuto che «...non trova fondamento
la tesi della ricorrente [Regione  Siciliana]  circa  una  competenza
legislativa in materia di ambiente che le deriverebbe  da  specifiche
disposizioni dello statuto di autonomia.  Le  competenze  e  previste
dall'art. 14, lettere f), i), e n), e dall'art. 17, lettera b), dello
statuto riguardano importanti settori che  afferiscono  all'ambiente,
ma non lo esauriscono...». 
    Pertanto, deve ritenersi  l'applicabilita'  dell'art.  22  citato
anche nell'ambito della regione Sicilia. 
    Il motivo di cui si discute non puo' quindi essere  deciso  senza
sollevare questione di legittimita' costituzionale  che  il  Collegio
ritiene,  per  quanto  esposto,  rilevante   e   non   manifestamente
infondata. Ai sensi dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,
deve quindi essere disposta la sospensione del giudizio  in  corso  e
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.